"Pioggia, freddo e 52 km a piedi: il racconto di una sfida impossibile"

Pubblicato il 16 settembre 2025 alle ore 17:30

Un racconto di resistenza fisica e mentale lungo una notte e 52 chilometri, tra crinali, pioggia e forza di volontà.

 

C’è un momento in cui pensi di mollare.
In cui credi di non farcela.
Ti dici che è giunto il momento di fermarsi, di non percorrere nemmeno un chilometro in più rispetto a quelli che ti eri prefissato.

Un momento in cui i crampi alle gambe, le fitte allo stomaco e il dolore alla schiena sembrano avere la meglio.
Da lì in poi, è tutta una questione di testa.
La battaglia si gioca nella mente — e, naturalmente, anche nel corpo.

C’è stato un attimo in cui ci siamo sentiti sconfitti, ormai battuti, prossimi a cedere.
Ma non è successo. Non ci siamo fermati.

Sono queste le sensazioni che abbiamo provato nella notte tra sabato 13 e domenica 14 settembre, quando abbiamo affrontato la nostra tappa più lunga di sempre: ben 52 km.

Riavvolgiamo il nastro.
Tappa notturna: da Reggello al Santuario de La Verna.
Partenza alle 18:00 dal paese di Reggello, arrivo previsto la mattina successiva.

Una sfida mai affrontata prima, dalle dimensioni gigantesche, soprattutto se si considera che, fino a quel momento, la tappa più lunga che avevamo percorso era stata di 38 km — già quella tra atroci sofferenze.

Decidiamo comunque di lanciarci in questa nuova avventura, motivati dalla voglia di metterci alla prova e incuriositi da questo tipo di manifestazione.

Quella che ci aspetta è una notte fredda. Raggiungeremo circa 1.600 metri di altitudine, attraversando i crinali del Pratomagno e i fitti boschi che caratterizzano questi luoghi. La nostra avventura viene resa ancora più difficile dal meteo: una pioggia battente, accompagnata da un vento gelido, ci sorprende dopo due ore di cammino, accompagnandoci per altre quattro ore ininterrottamente, fino alle due di notte.

Il primo ristoro lo incontriamo dopo circa 15 km. Sono stati chilometri di sofferenza: inizialmente pianeggianti, poi sempre in salita, immersi in una notte minacciosa e in una pioggia incessante e disarmante.

All’arrivo del primo ristoro veniamo accolti con tè caldo, caffè, biscotti, torte e altre prelibatezze messe a disposizione dagli organizzatori.
Recuperiamo un po’ di energie, ma sappiamo che ci aspetta un’altra prova: circa 25 chilometri completamente su asfalto.

Soffriamo terribilmente: non possiamo cambiarci le scarpe, perché piove ininterrottamente. Le scarpe da trekking si inzuppano e diventano sempre più pesanti.
I piedi iniziano a cedere: i calli bruciano, si formano vesciche, la pelle si spacca. Anche polpacci e ginocchia cominciano a lamentarsi in silenzio.

Fortunatamente, intorno alle 2:00 la pioggia si ferma.
Togliamo il k-way e il poncho, e proseguiamo.
Siamo stremati.

Arriviamo nei pressi di Bibbiena, con quasi 40 km alle spalle, dove ci attende il secondo ristoro.
Siamo esausti.
Recuperiamo un po’ di energia con pane, biscotti, torte… ci concediamo dieci minuti: ci togliamo le scarpe e ci distendiamo sulla strada ancora bagnata.

Abbiamo superato il nostro limite fisico.
Adesso è una lotta mentale: i dolori superano la forza di volontà, mettono alla prova ogni nostra certezza.

In questo tratto io e Pietro ci separiamo.
Abbiamo ritmi diversi, dolori diversi, stanchezze diverse. Le nostre strade si dividono per circa un’ora e mezza. Camminiamo da soli, nel buio, ognuno con la propria battaglia interiore. Poi, piano piano, sorge l’alba. Possiamo spegnere le torce frontali che ci hanno accompagnato per tutta la notte.

Ma i dolori non si placano. Anzi, si fanno più acuti, più insistenti.
Proseguire è sempre più difficile.

Gli ultimi 12 chilometri, in particolare, sono quasi tutti in salita, con tratti d’asfalto durissimi da digerire.
È una battaglia che pensiamo di non poter vincere.
Imprechiamo, ci malediciamo, ci chiediamo perché abbiamo deciso di imbarcarci in una simile follia.

Poi, però, succede qualcosa.
La nostra mente, la nostra forza di volontà prevalgono.
Anche se il corpo è stanco, trascinandoci nel dolore, ci rendiamo conto che ce la possiamo fare.

Come detto, gli ultimi chilometri — nonostante il sole, la luce e il calore dell’alba — sono durissimi.
Abbiamo già 40 km sulle gambe.
L’arrivo lo raggiungiamo dopo tre ore e mezza di cammino ininterrotto, con un ascesa di oltre 2.000 metri di dislivello e una quantità inimmaginabile di energia fisica e mentale consumata.

Siamo partiti da Reggello sabato alle 18:00.
Siamo arrivati al santuario de La Verna domenica mattina alle 9:00.

Abbiamo percorso ben 52 km in 13 h e 30 minuti.

 

È stata un’impresa.
Abbiamo sfidato i nostri limiti, siamo andati oltre.
Abbiamo affrontato il dolore, ma forse — più di tutto — è stata la determinazione a guidarci.

Perché, alla fine, è questo che fa la differenza.
Quando la testa non molla, quando la convinzione è più forte di ogni avversità, le imprese si portano a termine.

 

Cammineremo sulle spiagge.
Cammineremo sulle colline.
Cammineremo nei campi e nelle strade.
Non ci fermeremo mai.